La notte degli incubi

Si è capito che io coi miei sogni ho un rapporto estremamente conflittuale. Solo che non riesco a decidere se sono più io a odiare loro o loro a odiare me.

Intendiamoci, non è che li odio davvero (o almeno non tutti). Alcune volte sono delle storie talmente intricate da risultare belle, interessanti. Mi mangio le mani quando la mattina dopo mi sfugge qualche particolare e devo rimediare completandolo al momento, perché sono certa che durante la notte la cosa era più lineare e perfetta.

Ma certe volte sono talmente intricati che, quando mi metto con calma a interpretarli, prevale lo stordimento sulla logica e non riesco a trovare il bandolo della matassa. Così, invece di diventare terapeutiche passeggiate nel mio inconscio, rimangono solo dei brutti film visti da sola a notte fonda.

Ed è lì che inizio a credere che siano più loro a odiare me. I sogni sono piccoli esserini scuri, che si sentono costretti, di giorno, a essere segregati in una testa che fa solo cose noiose e che, quindi, la notte ottengono la loro vendetta mandandoti al manicomio. Ti fanno rivedere cose che avresti voluto volentieri dimenticare; inventano le scene più assurde, del tipo che –  sanno bene – ti terrorizzano per un bel po’. 

E poi ti svegli al mattino che ti senti una pezza. Sogni d’oro: dove siete?

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