Dopo mesi passati a parlare ininterrottamente, per spiegare ogni singola cosa, ho lasciato parlare i miei studenti al posto mio. Ora i prof sono loro.
Quando spieghi in una classe, qualsiasi sia l’argomento o la materia, ti ritroverai invariabilmente davanti a una platea di adolescenti annoiati. C’è chi all’inizio proverà a seguire, chi getterà la spugna nello stesso secondo in cui entrerai in classe; ma quello a cui tutti non possono sfuggire è la noia che li prenderà dopo poco. Si dice che la soglia di attenzione di un pubblico che debba ascoltare un monologo è di circa 10 minuti. Io faccio due ore di lezione alla volta. Fatevi un’idea.
Ma stavolta li ho incastrati e ho invertito i ruoli. Visto che sono mesi che sento le loro proteste, che spiego troppo, che non posso pretendere l’attenzione completa, stavolta ho stabilito che faranno loro – a turno – lezione. Ho chiesto di fare una recensione di un libro (il loro preferito o quello che avevano letto di recente) e di presentare alla classe il loro libro. Per circa un quarto d’ora a testa diventano loro i professori e, devo dire, sono peggio di me.
Hanno finalmente scoperto cosa vuol dire parlare a un gruppo di persone che, invece, non ha nessuna intenzione di starti a sentire e sono diventati all’improvviso severi: “Zitti! Sto parlando! Ci sono domande?” Ammetto che io ho malignamente aggiunto la mia parte: mi sono seduta tra loro e ho chiacchierato amabilmente con gli altri – come fanno loro quando sono io a spiegare.
Hanno capito che lo facevo apposta e hanno capito anche perché. Non sempre le lezioni si fanno stando seduti in cattedra.