Quattro chiacchiere con me

Così come in ogni mestiere, c’è chi ti ama e chi ti odia;  ma quando sei un insegnante c’è una piccola componente in più.

Fin quando si tratta di parlare coi colleghi e di trovare accordi e contrasti con loro è tutto normale: un confronto fra persone adulte che possono appartenere o meno alla stessa scuola di pensiero.

Ma quando entri in relazione con degli adolescenti (e, quando insegni italiano, sei in contatto con loro tutti i giorni) c’è una piccola componente in più, che può essere vantaggiosa o il pericolo peggiore.

Se saranno d’accordo con te ti ameranno e seguiranno qualsiasi cosa tu faccia. All’inizio ti gasa sapere che qualcuno ti segue sul serio, ma poi ti prende il panico: al primo errore puoi deluderli e far cadere tutto il castello di carta costruito.

Se non la pensano come te ti odieranno – il che vuol dire, il più delle volte, che crederanno che tu odi loro. Riuscire a superare quella barriera sarà la cosa più difficile mai fatta nella propria vita e non è detto che passare dalla ragione al torto possa aiutare. C’è sempre il pericolo della delusione dietro l’angolo.

E’ davvero un campo minato, ma il velo dell’inconscio copre tutto ciò, lasciandoti libero di fare lezione e di pensarci poi. Te ne accorgi solo quando un pomeriggio, uno di quelli in cui la scuola resta aperta per dare ripetizioni a chi ne ha bisogno, sei l’unica insegnante rimasta con un’unica alunna che voglia prendere ripetizioni. Si parte con la lezione e si finisce col fare quattro chiacchiere: due mondi si incontrano e provano a capirsi.

Per la cronaca, mi è andata bene: la studentessa era una di quelle che mi ama.

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