Che è ben diverso da “invecchiare”: “diventare vecchi” vuol dire essere brontoloni, nostalgici ed estremamente critici.
“Invecchiare” è una cosa naturale: accade sin da quando si passa dal primo anno di età al secondo. E’ una cosa positiva, perché vorrà dire corruzione del corpo, ma arricchimento della mente: si acquisiscono nuove conoscenze, facendo nuove esperienze.
“Diventare vecchi”, invece, ha molto spesso una connotazione negativa. Vuol dire essere arrabbiati con il mondo perché il tempo è passato, quando in realtà si desiderava che non passasse. Questo comporta lamentarsi in continuazione, con atteggiamento estremamente negativo e critico verso ogni cosa sia più nuova dell’invenzione della ruota. Vuol dire rimpiangere il passato, anche quello che non ci appartiene sul serio, per il puro gusto di sentirsi superiori a quelli giovani che non sanno di cosa si stia parlando.
Nonostante “diventare vecchi” sia così negativo, è la cosa più comune che possa accadere con l’invecchiamento. Io sono diventata vecchia quando sono diventata insegnante.
Se prima sognavo la scuola perfetta, dove l’insegnante davvero bravo riusciva a entrare in armonia con gli studenti – che lo avrebbero amato come persona e come professore – ora che conosco la dura realtà non sopporto chiunque sia nato dopo il 1991.
Non sopporto che non sappiano concepire la loro vita senza lo smartphone; non sopporto che ritengano un professore un essere inferiore, perché tanto “se ci parla mia madre gli fa vedere lei”; non sopporto che pensino gli sia tutto dovuto, perché fin quando non distruggi la scuola o non hai il 7 in condotta va tutto bene; non sopporto che si sentano liberi di ridere e scherzare come se fossero al bar, non appena il professore volta le spalle.
E la parte peggiore è che, come giustificazione a tutta questa intolleranza, so rispondere solo “Quando ho fatto io il liceo non funzionava così”. E’ vero, sono proprio diventata vecchia.